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AUTORI: Nicolas DOT POUILLARD

Tradutzioni dae Loredana Miele


Islamismi, movimenti di sinistra radicale e nazionalismi arabi sono sembrati in opposizione per lungo tempo. Tuttavia fra loro si sono create delle alleanze che ricompongono profondamente il campo politico in Palestina, Libano ed Egitto.


I dibattiti d'argomento religioso e politico sono spesso distorti da percezioni ideologiche e culturali soggettive. L’inquietudine per il fenomeno islamico in Francia resta così in larghissima parte dominato da una serie di paradigmi del tutto astratti che non lasciano posto ad un’analisi concreta (o anche solo limitata ai fatti) del campo politico mediorientale, e viene tracciata una dicotomia arbitraria tra «laici» e «religiosi», «islam moderato» e «islam estremista», «progressista» e «reazionario».

Si sono così create delle tipologie che in verità corrispondono a una realtà politica immaginaria: la politica così come si vorrebbe che fosse, e non quale realmente essa è. Il campo politico mediorientale appare come fondamentalmente distorto dalle semplificazioni storiche, che traccerebbero una linea di separazione irrimediabile tra islamismi identici gli uni agli atri, da Al-Qaïda all’Hezbollah libanese, così come tra laici naturalmente attenti ai diritti dell’uomo e della donna. Queste categorizzazioni apparirebbero in effetti oggi come parzialmente false: in Palestina è il Fatah «laico» ad essere autore di una delle leggi più reazionarie sui diritti della donna, che limita a sei mesi la pena di detenzione per i colpevoli di crimini d’onore. Il fatto è che spesso si confonde laico con progressista. Allo stesso modo, ci si immaginerà i laici come necessariamente perseguitati dagli integralisti musulmani. Pur vera in alcuni casi, questa affermazione si rivela falsa in altri. Bisogna allora comprendere per esempio come il Partito Comunista libanese stringa alleanze con Hezbollah, o come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) marxista lavori spesso con Hamas o la Jihad islamica, e interrogarsi politicamente e metodologicamente su queste nuove realtà.

Vi è sempre una ricorrente tendenza alla semplificazione del dibattito secondo linee ideologiche persistenti, che considerano gli attori politici islamici come delle categorie fisse, incapaci di trasformarsi politicamente e ideologicamente. Il movimento islamico ha, ad oggi, in pratica ottant’anni di esistenza in Medio Oriente. Immaginarlo come un insieme unito, omogeneo e senza differenziazione è come supporre che la sinistra combaci con un largo spettro che va dai reduci della banda Baader fino a Tony Blair, o che la destra sia un tutto omogeneo che raggruppa indifferentemente la democrazia cristiana tedesca e i neofascisti italiani. C’è una storia delle destre, e una delle sinistre. E ci deve dunque essere una storia degli islamismi, poiché questo referente politico si è considerevolmente pluralizzato. L’esempio delle ricomposizioni politiche nel Medioriente arabo, e la nascita di un islamismo politico di tipo nazionalista oggi aperto alle sinistre e ai movimenti nazionalisti arabi, non manca di porre alcune questioni teoriche e politiche.

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Jassu dae cust articulu in Tlaxcala:
http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=7099&lg=it

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