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Nicolò Migheli
www.unionesarda.it


La sposa sardisca di Caller La triste storia di don Diego de Avila, alferez del temuto Tercio de Cerdeña,
nella Cagliari spagnola della fine del 1500 fra i vicoli di La Pola e Villanova


«Non insistete Francisco de Abàs, non voglio parlare, non voglio perché troppo è il dolore». 
«Don Diego qui tutti dicono che la vostra è una strana storia, che domani all'alba andrete per mare».
L'uomo stette in silenzio, si intabarrò ancora di più. Quella bettola di Barcellona era umida, neanche l'umanità presente riusciva a riscaldarla. Le voci di sottofondo venivano su come zaffate di vento, le grida dei giocatori di morra si mescolavano ad imprecazioni ebbre. «Parlerò, però ascoltatemi don Francisco, dovete portarmi rispetto nelle parole e nello sguardo, ho mano ferma per spaccarvi dal collo all'inguine. Promettetemi che non scriverete nulla finché tutto non sarà concluso».

LA SPADA LIBERA
Come minaccia mostrò l'elsa istoriata di una espada ropera, l'unico oggetto prezioso in quel cumulo di abbandono. Una stretta di mano bastò. L'uomo cominciò a raccontare.«Diego de Avila per servirla, pastore nella Mesa, alferez del Tercio de Cerdeña, sargento mayor della Guardia del castello di Caller. Oggi spada libera, bravo nel duello. Costo poco. Quanto basta per pagarmi un letto e una ciotola di ceci. Tutto cominciò nel gennaio del 1565, in una piazza mi battei col coltello. Ero bravo. Mi notarono i soldati del capitano Pedro Gonzalez de Mendoza che reclutavano uomini per il Tercio de Cerdeña. Mi presero con loro a forza. L'avventura mi intrigava, non opposi resistenza. Quanti valorosi ho conosciuto nel Tercio! Lope de Sarrià che mi insegnò a combattere con l'alabarda, Jaime de Montcada che con l'archibugio centrava un passero a cento passi. Guillelmo de Guipzcoa, sfrontato come solo i biscaglini sanno esserlo. Dopo qualche tempo fummo in Corsica e poi in Fiandra a combattere gli eretici protestanti nemici del Papa e dell'Imperatore. Guerra dura. In Fiandra piove sempre, gli abiti bagnati di continuo. Quell'umidità me la sento nelle ossa. Lì cominciò la maledizione che mi segue. Fu nel luglio del 1568, dopo la nostra vittoria nella battaglia di Jemmingen. Ebbri di sangue e di birra ci lanciammo nei saccheggi, cercavamo gli eretici, poi alla fine uccidemmo chi ci capitava davanti. Urlavamo: ammazzateli tutti, Nostro Signore separerà i suoi dai peccatori! Io e Lope de Sarrià sfondammo la porta di casa di un commerciante. L'uomo piccolo e tondo tentava di fuggire. Lope lo bloccò. Sei un eretico, gli dissi. No, rispose con una voce flebile, mostrando le immagini e le reliquie dei santi. Rovistando scoprii di peggio. Le insegne degli assassini di Cristo. Un candelabro a sette braccia, avvolto in un panno di seta e nascosto nell'intercapedine di un tabique. L'uomo si inginocchiò, cominciò a pregare. Mi giungevano suoni gutturali, arrotati come in fiammingo, ma non lo era. Era la lingua dei giudei e lui era un marrano. Señor, implorava, piedad señor. La vita è tua, gli risposi, se potrai comprartela. L'uomo da una cassapanca trasse un sacchetto pieno di smeraldi e rubini, ce li diede. Fermai Lope che voleva tagliargli la testa. No! Gli dissi, la nostra parola vale! Non avevamo più interesse ad uccidere, eravamo sazi e stanchi. Dovevamo solo nascondere il bottino, quando si è così ricchi tutti sono una minaccia. Di Lope mi fidavo e lui di me, ma nessuno dei due seppe mai dove l'altro aveva nascosto le gemme. Dopo queste violenze il Duca d'Alba sciolse il Tercio, ed io venni destinato a Caller e promosso sargento mayor. Non ci siete mai stato a Caller don Francisco? Ci dovete andare, si staglia turrita sul mare come la mia Avila nella Mesa. I tramonti infuocano gli stagni, ti lasciano una malinconia che acuisce il desiderio di donna.

LA POLA
Presi casa a Stampache, potevo permettermelo. Affittai una schiava mora, che pensava alla casa e anche al letto. Gli stampachinos sono teste calde ma la mia spada incuteva timore. Però è La Pola il quartiere dove ho lasciato il cuore. Lì trovi il mondo. Catalani che vendono stoffe e cuoio. Commercianti di formaggio ovejuno piccante e salato che sa di fumo. Le paneteras di Villanova fanno delle empanadas superbe. Pesce di tutti i tipi. Escapeche e burrida. Mori schiavi e liberi. Profumi e sapori di cucine di tutto il mondo, da quella barbaresca a le nostre di Spagna. Verso la Porta di Villanova, nel Carrer de las platerias, il destino mi venne incontro negli occhi di Julia de Tori. Era la figlia di un artigiano argentiere. La vedevo ogni giorno, quando al comando di un drappello scendevo verso il porto. Donne ne ho conosciute molte, more statuarie e fiamminghe burrose. Quelle di Caller sono come le andaluse, passionali e sfrontate, coraggiose e tenere. Vuoi averle tutte.-s orrise, il volto attraversato da una cicatrice parve meno severo.- Mandai una vecchia affinché le parlasse, ebbi come risposta di rivolgermi a suo padre.

MATRIMONIO
I sardi hanno tradizioni strane. Non basta lo screix por amor de la sua verginitat, la dote dei catalani. Il matrimonio alla sardisca, prevede che i beni della moglie restino suoi, il marito li può solo amministrare, se la donna muore senza figli, tutto ritorna alla sua famiglia. Non potevo accettare. Ne andava del mio onore. Ma Julia poteva essere mia solo così».
L'uomo stette zitto, gli occhi gli si erano addolciti, si riempì un tazza di coccio con vino acidulo della Sierra, sospirò, bevette, e dopo un tempo lungo riprese a parlare.«Il vecchio de Tori sapeva contrattare come un marrano e vinse. Un notaro ratificò il contratto. Don Antonio Cabrera, il mio capitano, mi apostrofava dicendo: don Diego, ma proprio a Caller dovevate scoprire il vostro lato molle? E rideva. Julia era la persona più bella che abbia mai incontrato. Occhi neri, pelle bianca come il latte. Formosa. Il desidero fatto persona. Buona ed autorevole, dolce e risoluta. Mi persi in lei. Il matrimonio fu fastoso, venne gente importante. Ma io non avevo occhi che per la mia donna. Julia mi amava con passione e tenacia, mi faceva dimenticare l'uomo rude che sono. Mi viziò con i migliori piatti e vini fini di Montserrat e Quarto. Ero felice, ma Julia nascondeva un segreto. Eravamo sposati da pochi mesi quando decise di rivelarsi. Io sono una donna di medicina mi disse. Mia nonna mi ha fatto custode di un rito antico, mi ha trasmesso l'arte e le formule. Guarisco le persone nell'anima e nel corpo. A questo potere non potrai opporti, è più forte di me. Vivo per questo. Caddi nella disperazione. Se tutto ciò fosse arrivato alle orecchie dei miei commilitoni o a quelle di un prete, saremmo stati persi. Mi chiese di lasciarla libera la notte di San Giovanni. Tentai di urlare. Ebbi paura di essere udito. Devi partecipare ad un Sabba, vai ad adorare Satana? Le chiesi con voce strozzata. Sorrise. No, mi vida. Non credere a queste sciocchezze, vado solo a raccogliere le erbe sante che serviranno per preparare le medicine.

MALOCCHIO
Mi rivelò che in mia assenza curava persone del mal dell'occhio, che le puerpere venivano da lei per il male del seno secco. Aggiunse che tutto avveniva in segreto. L'implorai di stare attenta, la mia felicità, il mio grado e la mia ricchezza mi stavano procurando troppe invidie e risentimenti. Nell'autunno di quell'anno nuvole nere si addensarono sul golfo, si annunciava un fortunale e molte barche erano al largo. Julia corse alla finestra, assunse un aspetto duro e severo che non gli conoscevo e cominciò a recitare una formula imperiosa di cui ricordo le prime parole: Sanctu Ya-cu e suoni che non capii. Il cielo si aprì, cadde il vento, tornò il sole. Per la prima volta ebbi paura di lei. Qualche giorno dopo un personaggio molto importante mi chiamò e mi mostrò una lettera indirizzata all'Inquisizione in cui si accusava Julia di stregoneria. Mi fece vedere un ordine d'arresto che lui avrebbe dovuto firmare. Mi disse che non avrebbe permesso uno scandalo, che mi avrebbe aiutato. Ero ricco, mi disse. Con un po' di scudi d'oro si poteva pagare il silenzio di molti. Gli diedi le gemme rimaste. La sera stessa mi imbarcai con l'idea di fuggire nelle Indie. Una tempesta distrusse la nave nel Golfo del Leone. Julia morì e con lei la parte migliore di me. Mi salvai abbracciato ad un legno. Ero vivo, solo. Ho avuto molto tempo per pensare. Sono stato ingannato e derubato del mio amore e delle mie fortune. La lettera era falsa ed anche l'ordine d'arresto. Ora torno a Caller per gustare il miele della vendetta».
Diego de Avila uscì dalla taverna, l'accolse la notte nei vicoli di Santa Maria del Mar.

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