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Euro innocente credibilità mancante 


 Paolo Figus
www.unionesarda.it

Comincia a passare il messaggio nell'opinione pubblica che la colpa di quanto sta accadendo in alcuni Paesi europei, fra cui l'Italia, sia dovuto all'euro. Ci sono correnti di pensiero, autorevoli quanto quelle opposte, secondo le quali uscire dall'euro possa essere salutare per l'economia di quei Paesi e in particolare per quella italiana. 

Alcuni leader politici del Pdl (Popolo della Libertà) ultimamente hanno lanciato numerosi messaggi in quella direzione, in forma vista da molti come provocatoria, contribuendo al formarsi di un crescente scetticismo presso la gente, sia sulla moneta unica che verso lo stesso Governo Monti, chiamato a risolvere il problema della credibilità del Paese a livello internazionale, per favorire la sottoscrizione dei titoli del debito pubblico italiano in scadenza, governo messo in dubbio, ormai, anche da autorevoli esponenti del Pd (Partito Democratico).

L'indicatore principe della difficoltà di quei Paesi (i cosiddetti Piigs: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) è dato dal differenziale tra i titoli pubblici, Btp nel caso italiano, e Bund tedeschi: lo spread. 
Lo spread indica il rischio del credito per le emissioni di titoli di debito pubblico, e un fattore chiave è dato dalla fiducia, la quale gioca un ruolo fondamentale nell'indurre le istituzioni finanziarie internazionali a sottoscrivere tali titoli nazionali. La possibilità dunque che l'Italia, ad esempio, possa non far fronte al loro rimborso alla scadenza, fa fuggire a gambe levate gli investitori, per paura di vedersi ridurre, o peggio azzerare, il valore del loro investimento.

La fiducia deriva da tanti fattori, dei quali quello principale è la sostenibilità del debito, quindi la capacità del Paese indebitato di generare, con la crescita del Pil (Prodotto interno lordo, in sostanza il fatturato dell'azienda Italia), un surplus da destinare al rimborso dei propri creditori. Ora, poiché la fiducia è una cosa seria, noi italiani non abbiamo neppure i requisiti minimi da far valere per recuperarla e, se possibile, incrementarla. Infatti, l'espansione del debito pubblico con i governi di centrosinistra degli anni '80 e la sostanziale incapacità nel ventennio successivo di contenere la spesa pubblica che lo aveva generato (con i governi sia di centrodestra che di centrosinistra) non depone a favore della credibilità che è necessario avere nei momenti di difficoltà come questo.

L'Italia non è credibile, questa è la verità.
E chi oggi imputa all'euro i malanni di cui soffre l'economia, non è più credibile di coloro che sono stati corresponsabili dell'esplosione della spesa pubblica in Italia, come il Pd, già Ds e Margherita, già Pds e Partito Popolare, già Pci e Dc.
Vi sono molte buone ragioni per prendersela oggi con i tedeschi perché, approfittando di una situazione di difficoltà di alcuni membri dell'Unione Europea, stanno riempendo i loro forzieri a costo praticamente nullo con i nostri soldi, quelli che vengono impiegati per comprare i loro Bund da italiani spaventati o di altri paesi, dalla precarietà e dalla instabilità della situazione nel nostro Paese.

Tuttavia, la pretesa di far condividere al parsimonioso popolo tedesco le nostre scelleratezze nazionali non sembra possa essere esercizio praticabile né possiamo noi adombrarci se semplicemente, anche se con stile e buona educazione, ci mandano a quel paese, nonostante siamo bravi ad appellarci allo spirito di solidarietà che l'Europa unita dovrebbe coltivare. Siamo bravi in orale, quindi non prendiamo e non prendiamoci in giro: non esiste alternativa, euro o non euro, a una sana politica di bilancio nazionale. Cominciamo a tagliare la spesa pubblica improduttiva, vendiamo il patrimonio disponibile, annientiamo la burocrazia inefficiente, riduciamo le tasse, il costo e i vincoli che gravano sul lavoro. 
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