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La rinuncia all'acquisto di 41 caccia da parte del Ministero della Difesa non smorza le polemiche.

 Pisapia: con quei fondi si potrebbero riparare tutte le infrastrutture di Milano

Michele Albini

ilvostro.it

Il ministro della Difesa Di Paola con il suo omologo Usa PanettaIl ministro della Difesa Di Paola con il suo omologo Usa Panetta
ROMA – È un’iniziativa singolare quella contro l’acquisto di 131 aerei da guerra F35 da parte del governo italiano. Lo è senz’altro perché, nell’epoca dello strettissimo legame che unisce il web e determinati movimenti popolari – come i “No Tav” – , la campagna “No F35” è portata avanti in prevalenza con i tradizionali siti internet delle associazioni e con ancora più tradizionali raccolte di firme. Esistono un paio di gruppi ufficiosi su Facebook, c’è il gruppo ufficiale con neppure 3mila “mi piace”, ma non comitati strutturati paragonabili a quelli che operano in Val di Susa o ai “No Dal Molin”. Neppure il frequentatissimo blog di Beppe Grillo offre una vetrina alla questione.

SPESA FARAONICA Una spiegazione potrebbe essere non solo che l’acquisto di aerei non è un evento di grande visibilità come lo scavo di una galleria in una montagna, ma che i temi che ruotano intorno alle forze armate filtrano con difficoltà sulla stampa e tra l’opinione pubblica. Ciò su cui si impernia la campagna “No F35”, in sintesi, è l’inutilità di una spesa di 15 miliardi di euro per sostituire la flotta attualmente in dotazione alla nostra aviazione, composta da Tornado e Amx destinati alla dismissione nell’arco di quindici anni. 2,7 miliardi di euro sono già stati spesi per la fase progettuale del mezzo. Come unica concessione ai tagli imposti dalla crisi, il ministro della DifesaGiampaolo Di Paola ha annunciato la riduzione della fornitura di aerei da 131 a 90 mezzi, al costo di circa 140 milioni di euro l’uno.

LA CAMPAGNA DI PROTESTA Il movimento contro l’acquisto prende il nome di “Taglia le ali alle armi” e vede unite tre associazioni: Sbilanciamoci, Rete per il disarmo e Tavola della pace. La campagna ha ottenuto l’adesione di numerosi attori istituzionali, l’ultimo dei quali è il comune di Milano. Il sindaco Giuliano Pisapia ha inviato una lettera al governo, ricordando che con i fondi per acquistare gli aerei il capoluogo lombardo potrebbe provvedere alla riparazione di tutte le infrastrutture, alla rimozione di ogni barriera architettonica, alla costruzione di centri per disabili e asili nido nei quartieri. In conferenza stampa l’assessore alle Politiche sociali di Milano, Pierfrancesco Majorino, si è detto pessimista sull’esito della campagna: «Il governo è incapace di fare una scelta razionale». Dovrebbe essere infatti questo l’argomento caratterizzante della raccolta firme: non una mobilitazione pacifista in senso stretto – limitata perciò a una schiera di persone già motivate – ma una presa di coscienza razionale riguardo alla destinazione di ingentissime risorse economiche in tempo di crisi.

IL MEMORANDUM DEL 2007 Le associazioni hanno preso in mano l’accordo del 2007 alla base del progetto F35. Si tratta di un “memorandum” che divide gli oneri di sviluppo degli aerei tra otto Paesi partecipanti, tra cui l’Italia, mentre gli Stati Uniti fanno da capofila. In questo passaggio non è previsto alcun vincolo per l’acquisto degli aerei. Come messo in evidenza da un articolo pubblicato sulla rivista Altreconomia, alla sezione XIX dell’accordo si legge che qualunque partecipante al progetto «può ritirarsi dando un preavviso scritto di 90 giorni». Non esistono penali che possano colpire il nostro Paese, nel caso si scelga di astenersi dalla firma dei contratti d’acquisto. Sul lato occupazionale, non è inoltre dimostrato che la fabbricazione di parti degli aerei nella base di Cameri, in provincia di Novara, crei più di poche centinaia di posti di lavoro. L’impresa assegnataria per la fase industriale è l’Alenia, galassia Finmeccanica.

LE TEMPISTICHE Secondo le tempistiche previste nel “memorandum”, il governo italiano potrebbe entro breve firmare il primo contratto d’acquisto, in cambio del quale riceverebbe i primi  quattro F35 già nel corso del 2012. Nel 2023 dovrebbero invece essere consegnati gli ultimi 10 mezzi della lista. Questo avviene mentre, in Giordania, si è appena concluso il Sofex di Amman, la più grande fiera mondiale del commercio delle armi. A dimostrazione che l’industria della guerra non conosce la parola crisi.
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